Biografie

Eugene O’Neill, il mare dentro

Se c’è un luogo che ha ispirato Eugene O’Neill (New York, 16 ottobre 1888 – Boston, 27 novembre 1953), uno dei drammaturghi più influenti del teatro statunitense, ecco quel luogo è il mare. “Solo sul mare si è davvero liberi”, dalla rigida educazione cattolica, dalle orme del padre, attore sì, ma dal livello mediocre e liberi finalmente dalla vita stessa quando verrà pubblicata la sua ultima tragedia autobiografica, Lunga giornata di viaggio verso la notte, scritta nel 1940 e che otterrà il Premio Pulitzer per la drammaturgia. È il 1957, la società americana si trova in piena crisi esistenziale e la cultura si spinge turbolenta tra dipendenza e disperazione.
Ciò che accadde prima, ai tempi della Princeton University e dell’impiegato Newyorkese, non è altro che una “benzina” su un fuoco interiore decisamente più esplorativo e avventuriero che lo trasformerà perfino in un marinaio, su un veliero norvegese, diretto a Buenos Aires.
Il mare di O’Neill è un mare che gli darà pace e ispirazione quando, nel 1913, un principio di tubercolosi lo costringe a ricoverarsi in sanatorio. Comincia allora a scrivere per il teatro, a raccontare la sua vita fra i reietti dei luoghi in cui ha vissuto. Sarà anche un mare inquieto che darà voce alle narrazioni antieroiche, si ricorda l’opera Il lungo viaggio di ritorno scritta nel 1917, con uno stile tutto nuovo e dove si celebra il dominio della paura e della sconfitta. Il 1920 è la volta di Broadway e del primo Premio Pulitzer con Oltre l’orizzonte, un dramma sul difficile rapporto familiare, oltre che specchio della frustrante modernità americana.
Dagli anni ’20 i contenuti delle sue opere si fanno sempre di più viscerali, come in La scimmia villana, 1922 e La fontana, 1925. Lo stile linguistico punta a un livello più sperimentale, tipico del teatro di Ibsen. Gli anni ’30 sono quelli del pathos e per l’appunto della sua tragedia greca: Il lutto si addice ad Elettra, 1931, un’opera che porta in scena il neoclassicismo attraverso la casa dei Mannon, un vero e proprio tempio, luogo di ombre e presagi e dalla cui passione infernale ha origine una reale tragedia americana, la guerra di secessione. Nel 1936 Eugene O’ Neill giungerà al Nobel per la letteratura, riconoscimento che va ad una vita fatta di arte e impregnata del suo più aspro e intimo vissuto, in lotta continua, ma sempre verso la sconfitta, tra natura irlandese e destino americano o forse il contrario.

di Rosamaria Castiglione Angelucci
Attrice e Assistente alla direzione artistica Anime Sceniche

Fonti:
Eugene O’Neill: A life in Four Acts di Robert M. Dowling – Yale University Press
Long Day’s Journey Into Night di Eugene O’Neill – Vintage Books London

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