Versare del tè: il Metodo Stanislavskij
Di “Metodo Stanislavskij” ne abbiamo sentito parlare in abbondanza. Chiunque si sia avvicinato alla recitazione, anche “solo” in modo amatoriale si è confrontato, più o meno approfonditamente, con il Metodo. Del resto Stanislavskij ci ha fornito un’ampia letteratura a riguardo, letteratura che a sua volta ha dato vita a rielaborazioni più o meno aderenti al Metodo.
Studiare il Metodo Stanislavskij non è solo studiarne i libri, libri peraltro meravigliosi. Questo lo si comprende leggendo e rileggendo i suoi scritti. Studiamo il Metodo Stanislavskij quando beviamo un bicchier d’acqua, quando versiamo del tè e acquisiamo la consapevolezza di tutti i micro movimenti che naturalmente e inconsapevolmente compiamo, quando ascoltiamo e osserviamo la gente chiacchierare accanto a noi sul treno, quando incontriamo persone che in qualche modo completano il nostro sapere; studiamo il metodo quando carpiamo cose che pensavamo di non conoscere. Lo studiamo quando facciamo l’amore con il nostro o la nostra compagna o quando con lui o con lei litighiamo furiosamente.
Studiamo il Metodo quando studiamo la vita. A volte non ne basta una.
Stanislavskij stesso diceva che per comprendere a fondo il suo “sistema“, sarebbe dovuto arrivare alla fine della sua vita, morire, rinascere e intraprendere nuovamente la carriera di attore.
E quindi, cosa ne facciamo delle migliaia di pagine che il Maestro ci ha lasciato?
Gli scritti di Stanislavskij sono fondamentali. Non è possibile studiare il metodo se prima non abbiamo letto i suoi libri, anzi, possiamo iniziare a studiarlo solo dopo averli letti in modo approfondito. Questo perché i suoi scritti ci donano la consapevolezza. Crediamo che la consapevolezza sia il primo requisito che serva a un attore: un attore è colui che compie consapevolmente ciò che gli altri fanno in modo inconsapevole. La consapevolezza ci insegna cosa è naturale e cosa non lo è perché soffocato dalle sovrastrutture sociali.
Pertanto, il Metodo può essere “studiato” solo dopo averlo studiato.
Il Metodo è la consapevolezza della vita umana.
Stanislavskij ai suoi allievi negli ultimi giorni di studio:
“È diventata una consuetudine, definire con il termine «sistema Stavnislavskij» quello che abbiamo fino ad oggi studiato. È uno sbaglio. La forza di questo sistema sta tutta nel fatto che non l’ha pensato e non l’ha inventato nessuno, ma appartiene alla nostra natura organica, sia spirituale che fisica. Noi siamo nati con questa attitudine alla creazione, abbiamo questo sistema dentro di noi. È un’esigenza naturale, tanto che il nostro atto creativo avviene soltanto attraverso questo sistema. Eppure, non vi sembra curioso che appena entriamo in scena, perdiamo quello che la natura ci ha dato e invece di creare, cominciamo ad esagerare, a fingere e a strafare? Che cosa ci spinge a comportarci in questo modo? Forse il fatto che la nostra arte avviene davanti a un pubblico, che c’è una forma di costrizione, che subiamo parole e azioni scritte da un autore, che la rappresentazione teatrale, l’architettura del teatro, così come la messa in scena del regista, la scenografia e i costumi degli scenografi, tutto è falso e convenzionale. Una costrizione che non sparisce finché l’attore non la trasforma in qualcosa di personale. Un processo, appunto, in cui l’attore può essere aiutato dal «sistema». Il «sistema» ha la capacità di farci credere in ciò che non esiste. E quando c’è verità, c’è un’azione autenticamente vera che vuole dimostrare qualcosa di altrettanto vero e, allora, c’è anche la reviviscenza, l’inconscio, la creazione artistica e l’arte.”
– Konstantin Sergeevič Stanislavskij