Un desiderio deve essere un vero desiderio
“Un desiderio è la ‘mancanza delle stelle’, un vuoto dentro il nostro micro-cosmo. Io penso che un desiderio sia vero quando scavi dentro te stesso e lo fai insieme agli altri. Durante la mia ricerca non cambio i desideri, ma l’approccio ad essi, se voglio essere vero in scena, devo provare un desiderio per qualcosa di vero che riguarda la mia vita, poi quel desiderio dovrò trasferirlo nell’azione e, immaginando di esaudirlo, porterò la mia realtà sul palco. Tra l’altro, molti desideri sono universali, l’amore per esempio, il mio è un desiderio d’amore e se lo porto sul palco potrò evocarlo nel pubblico che – anche se solo per un attimo – potrà provare la stessa meraviglia di un bambino”.
– Anton Giulio Elia, attore Anime Sceniche
Agli attori si chiede sempre di essere veri in scena, la maggior parte di loro giurerebbe di esserlo e in molti, per dimostrarlo, cadono in una sorta di esasperazione del sentimento, si esagera nella reazione, come se si volesse celebrare quell’istante così prezioso di verità e bellezza e invece, senza volerlo, si finisce per trasformarlo in un momento di grande finzione. Più in generale, un attore compie un’azione e questa è la base, un attore reagisce all’azione ed è già una prima evoluzione, ma quando l’attore riesce ad andare oltre il meccanismo azione-reazione, ecco che sente e allora scatta qualcosa di più specifico, di più autentico.
Quello di Anton Giulio, attore, allievo Anime Sceniche e nel teatro da 6 anni, è uno spunto di particolare interesse per la ricerca. Per sentire veramente quello che accade dentro di noi è importante stabilire una connessione forte con gli altri compagni. Lui parla di un desiderio d’amore e non è affatto casuale. La relazione che si instaura, tra attore e quello che c’è intorno, consente di cogliere gli input che arrivano, di lasciarsi attraversare, esattamente come in una storia d’amore. Questa dinamica, tornando al pensiero dell’allievo, è la stessa che si sviluppa quando proviamo un qualsiasi desiderio, quando viviamo dentro di noi l’urgenza di ottenerlo; la differenza in un gruppo di ricerca è che il desiderio di ciascuno si libera consapevolmente verso gli altri, all’esterno, diventando una vera forza per l’intero lavoro. A partire dalla definizione micro-cosmica di Anton Giulio, si può già stabilire che fare ricerca permette all’attore di sperimentare la potenza di un desiderio in relazione all’altro.
Cosa accade dunque di così sorprendente, in un percorso di ricerca, tanto da portare tutti a desiderare di essere veri in scena? Lo sconvolgimento dell’anima. Desiderare è fare ricerca, cercare di arrivare profondamente a qualcosa attiva, per meglio dire, un processo che dissesta, rende fragili e, all’interno di questa fragilità, diventa possibile scardinare ogni certezza mentale, perché emerga un’anima più intima. Così se un desiderio è un vero desiderio, l’attore sentirà dentro di sé l’importanza di esaudirlo, troverà nei suoi compagni un’alleanza forte che gli darà coraggio, si sentirà protetto e soprattutto saprà che l’unica direzione da prendere, partendo sinceramente dal suo cuore, è verso l’altro.
In questa nuova evoluzione, siamo uno strumento con mille corde, infinite combinazioni e infiniti toni, da qui la meraviglia della ricerca, ogni volta una scena sempre nuova, sempre autentica.
di Rosamaria Castiglione Angelucci
Attrice e Assistente alla direzione artistica Anime Sceniche