La vita è una cosa seria.
La vita è una cosa seria.
C’è una citazione che si spreca: “Non prendete troppo sul serio la vita, comunque vada non ne uscirete vivi”.
Per gli attori questo è veleno.
È necessario capire che la vita è importante, momento per momento, che è una cosa seria, e che non può essere presa alla leggera.
Gran parte del training che gli attori affrontano in aula è proprio orientato a insegnare loro che non possono limitarsi ad accettare passivamente ciò che li circonda e basta.
Non prendere troppo sul serio la vita è l’anticamera della repressione emotiva. È linfa vitale per quella tendenza che l’essere umano ha di trovare il modo, grazie all’aiuto della mente, di scappare da un’emozione scomoda. È imparare a difendersi da ciò che gli stimoli esterni gli provocano diventando abilissimo a impedire di essere toccato emotivamente da quanto accade. È portare il proprio animo ad ammalarsi in modo cronico al punto da perdere la consapevolezza di come ci si sente in ogni momento della propria giornata.
Questo è ciò che gli attori dovrebbero chiedersi prima di ogni loro attività, lezione o scena che sia: “Come mi sento adesso?”. Se troviamo tutto questo difficile, forse lo è perché dovremmo re-imparare a prendere la vita sul serio.
Ci rendiamo conto che prendere la vita sul serio rimanda subito il pensiero a situazioni complesse, pesanti, tristi, angoscianti. È vero. Ma la vita non è solo questo.
L’attore deve imparare a dare a tutte le emozioni umane la stessa dignità.
La tristezza ha la stessa dignità della felicità. La morte ha la stessa dignità della nascita. La fine di una relazione ha pure la stessa dignità della sua nascita.
Immaginate un musicista che compone un brano curando solo la nascita di ogni nota e trascurandone la fine. Un’ opera musicale è la somma di tutte le nascite, di tutto il loro svilupparsi e di tutte le morti delle note che la compongono. Diversamente non sarebbe la stessa opera.
Gli attori devono necessariamente riconoscere l’importanza della vita e di tutti i meccanismi che prendono parte alle emozioni umane, tutte. Non bisogna enfatizzarla, devono riconoscerla e basta.
Forse se l’autore di questo aforisma, Julius Robert Oppenheimer, fisico statunitense vissuto tra il 1904 e il 1967, coinvolto nella costruzione della prima bomba atomica durante il cosiddetto “Progetto Manhattan”, avesse compreso che la vita va presa, invece, sul serio, chissà come sarebbe andata…
PS:
Nel dramma “Piccola città”, Thornton Wilder pone l’accento proprio su questo aspetto. Nell’ultimo atto Emily muore. Le viene data la possibilità di tornare indietro e di rivivere uno dei giorni della propria vita, nonostante viene esortata a non farlo. Lei insiste e sceglie di rivivere un giorno felice, il giorno del suo dodicesimo compleanno. Tutto ciò che accade è assolutamente normale: la madre chiama la figlia per la colazione. Nel bel mezzo di questa scena normale, Emily (che essendo morta non solo sta vivendo la giornata ma la sta anche osservando) implora la madre: “oh mamma, guardami per un momento come se davvero mi vedessi”. Emily si fa da parte e dice al Direttore di scena (onniscente personaggio-guida del dramma): “Accadevano tante cose, ma noi non ci facevamo caso“.