Reale e immaginario: questione di resa.
Reale e immaginario: una questione di resa
Sovente, con i nostri allievi, ci soffermiamo sulla differenza tra reale e immaginario.
Siamo “caratterizzati” da ciò che abbiamo, da ciò che ci connota, da ciò che ci denota, a causa di aspetti che inesorabilmente rientrano nella nostra esistenza. Abbiamo denaro, chi più, chi meno. Possediamo oggetti di ogni tipo. Apparteniamo a questa o a quella etnia, abbiamo delle origini, un nome e un cognome. Svolgiamo una professione. Siamo figli o figlie, madri o padri, fratelli o sorelle, mogli o mariti.
Ma quanto di tutto ciò reale? Cos’è reale? Cos’è immaginario?
Ci vuol poco a non essere più figli. Ci vuol poco a non esser più siciliani, pugliesi, milanesi, italiani. Ci vuol poco a non essere più liberi.
Per un attore o un’attrice questa differenza, nel qui e ora, deve essere chiara. Non è facile, ci rendiamo conto.
Come esseri umani tendiamo a confondere questi due aspetti. Nello specifico riteniamo reale ciò che in verità è immaginario. Ebbene, se ci soffermiamo un momento a riflettere, il 90%, stando stretti, di ciò che ci riguarda è immaginario.
Un piccolo esperimento: sediamoci e leggiamo questo articolo. In questo “qui e ora”, cosa è veramente reale e cosa è immaginario?
Il nostro nome? Il fatto di essere padri, madri, figli, fratelli, sorelle? Le auto parcheggiate sotto casa? Una banconota da 20 euro che tiriamo fuori dalla tasca? La nostra professione? Il rumore di un’ambulanza che proviene da fuori?
Ci vuol poco a non avere più quel nome. Ci vuol poco a non essere più figli. Non sappiamo se le auto sotto casa sono ancora lì. Non sappiamo nemmeno se il “sotto casa” esiste ancora, dovremmo andare a controllare entrando, ecco, in un nuovo “qui ed ora”. Ci vuol poco ad avere in mano carta straccia e non più 20 euro. Ci vuole ancora meno a non essere più ingegneri, avvocati, insegnanti, attori, medici. Ma rimarremo sempre e comunque ciò che veramente siamo: esseri umani.
La maggior parte di ciò che ci riguarda è immaginario. È la proiezione di quella tal cosa nella nostra mente che lo rende, per noi, reale e lo rende tale perché quella proiezione ha un effetto su di noi adesso. Così, il nostro passato è immaginario, il nostro futuro è immaginario, persino il nostro presente (inteso come quotidianità) è immaginario. Sono tutti elementi che hanno un effetto in noi adesso.
È bizzarro constatare come i mali del mondo, causati dall’uomo, provengano proprio dal fatto che noi crediamo reale ciò che invece è immaginario: le razze, il sesso, il denaro, la fama, il potere.
Ma la cosa più interessante nel saper distinguere chiaramente ciò che è reale da ciò che è immaginario, è il fatto che si tratta di una resa, di una rinuncia a uno dei mali della nostra società contemporanea: il controllo. Noi crediamo di poter controllare molte cose. In realtà ciò che possiamo controllare è una parte piccola, ma molto piccola, della nostra vita.
Si tratta di arrenderci, dunque, di arrenderci al fatto che ciò che riteniamo reale è, in verità, immaginario. Più ci arrendiamo, più siamo in grado di credere alla circostanza…”come se”…
Se, dunque, come attori ci arrendiamo, impareremo finalmente a vedere il mondo con gli occhi di un artista. Del resto, la recitazione, il training per imparare a recitare, non è una serie di esercizi che ci insegna a diventare dei bravi attori.
La recitazione è un modo di vedere il mondo.